Wednesday, April 25, 2012

Parole, Parole, Parole

Sonne, Sand und Steine. A quanto pare queste sono state le prime parole che ho pronunciato da piccola, l'ho scoperto stamattina. Significano: Sole, Sabbia e Sassi, in tedesco, che è la mia prima lingua, o almeno, la prima lingua che ho parlato. Pare che le abbia pronunciate tutte e tre di fila mentre ero in spiaggia e tutta felice giocavo con le paperelle in riva al mare, col muso stropicciato di crema e in testa un cappellino bianco coi volants. Ecco, il mio solo ed unico desiderio in questo momento è quello di essere tele-trasportata su una spiaggia deserta, per abbronzarmi al sole spalmata di crema come da bambina, al posto delle paperelle, il mio libro, un bikini striminzito e una bottiglia di Evian. Non desidero nient'altro. Quando ero piccina picciò vivevo con la mia tata Silke a Neumünster, in Germania, e mi ricordo che al kindergarden sapevo allacciare le stringhe delle scarpe meglio di tutti gli altri bambini. I miei nodi non si scioglievano mai e tutti volevano scoprire il mio segreto, era una cosa di cui andavo estremamente fiera. Quando per cena, a casa, mi cucinavano il cavolo rosso, fantasticavo che fossero spaghetti al pomodoro quelli che avevo nel piatto, perché mi ricordavano casa, l'Italia, la mamma e il papà. Una cosa che non dimenticherò mai di Neumünster è il sapore del pane nero che mangiavo ogni mattina, col salame, da perfetta bimba tedesca. Ogni fetta era piena di noccioline e di semini, e io li staccavo uno ad uno e li mangiavo così, da soli. Mi piacevano da impazzire. Mi manca il pane nero di Neumünster. Un giorno mi piacerebbe tornarci anche solo per mangiarne un pezzo e credo che lo spiluccherei esattamente allo stesso modo.


Che belli i ricordi. E quanto è bella la "giovinezza che si fugge tuttavia, che vuol esser lieto sia, del domani non v'è certezza"! Secondo questo articolo che ho letto sul Huffington Post c'è un elenco di cose che ogni donna trentenne che si rispetti dovrebbe POSSEDERE nel momento in cui compie 30 anni. Ecco qui la lista, a cui ho risposto punto per punto giusto per vedere cosa ne usciva. Che voglio dire, chi è che non ha mai sognato di essere sottoposto ad un interrogatorio esistenziale, se così possiamo definirlo.

By 30, you should have ...

1. One old boyfriend you can imagine going back to and one who reminds you of how far you’ve come.
Okay, tanto per cominciare non riesco ad immaginare di tornare con qualcuno che ho lasciato, perché altrimenti non lo avrei lasciato in the first place. Comunque, questa in teoria ce la potrei anche avere.

2. A decent piece of furniture not previously owned by anyone else in your family.
Qui bisogna vedere cosa si intende per "decent". Se il mio letto a baldacchino con cuscini ricamati a mano, pizzi e merletti può far testo allora sì, ce l'ho un decent piece of furniture.

3. Something perfect to wear if the employer or man of your dreams wants to see you in an hour.
Assolutamente sì, ce l'ho.

4. A purse, a suitcase, and an umbrella you’re not ashamed to be seen carrying.

Assolutamente sì, ce l'ho.

5. A youth you’re content to move beyond.

Ecco questa mi manca. Totalmente.

6. A past juicy enough that you’re looking forward to retelling it in your old age.
Onestamente ne ho fatte di cotte e di crude e le rifarei tutte quante. E' la parte di "looking forward di raccontarla in old age" che non so, ecco. 

7. The realization that you are actually going to have an old age- and some money set aside to help fund it.
Oddio che ansia.

8. An email address, a voice mailbox, and a bank account -all of which nobody has access to but you.
Per quanto riguarda l'email address ho imparato che è bene averne più di uno- dopo che il mio account su yahoo è stato hacked da uno di quegli ex con cui non tornerò MAI, appunto. Voice mailbox ce l'ho, volutamente senza messaggio. Bank account ne ho più di uno ma posso fare MOLTO di meglio. Diciamo che io e le banche non abbiamo un bel feeling. But I'm working on it.

9. A résumé that is not even the slightest bit padded.
Il mio curriculum è onestissimo.

10. One friend who always makes you laugh and one who lets you cry.
Sono fortunata, piango poco, ma in caso ne avessi bisogno so esattamente chi contattare, finiamo sempre a piangere insieme. Per le risate invece, c'è chi riesce a farmi ridere anche mentre sto piangendo a singhiozzi, quindi direi che I'm ALL set.

11. A set of screwdrivers, a cordless drill, and a black lace bra.
Ho tutto tranne il set di screwdrivers e il cordless drill (sennò a cosa servono gli uomini, scusa?)

12. Something ridiculously expensive that you bought for yourself, just because you deserve it.
 Mi capita di regalarmi oggetti costosi soprattutto quando non ho soldi. Anzi, è proprio quando non ho soldi che mi va di sperperarli in oggetti tanto dispendiosi quanto inutili. Sono fatta al contrario, ne sono pienamente cosciente.

13. The belief that you deserve it.
Quest'anno mi sono fatta la promessa, qui, di fare tutto ciò che mi va, se mi va, quando mi va. Perché me lo merito. Perché così ho deciso. Perché sì e basta.

 14. A skin-care regimen, an exercise routine, and a plan for dealing with those few other facets of life that don’t get better after 30.
Non vado MAI a letto senza prima essermi struccata e faccio esercizio fisico ogni volta che posso. Non so a quali altri facets of life si riferisca.

15. A solid start on a satisfying career, a satisfying relationship, and all those other facets of life that do get better.
Allora sfatiamo un MITO. Ma cos è questa storia che siccome hai compiuto 30 anni devi aver già aver capito tutto della vita? Chi l'ha detto? E' per colpa di articoli come questo che i trentenni di oggi vanno in depressione. I'm working on satisfying myself al momento, questa è la mia unica priorità e non voglio ripetermi mai più. Mai più.

Thursday, March 15, 2012

Se non lo faccio adesso, non lo farò mai più

Ieri sera mentre tornavo a casa verso l'ora di cena, ricevo il messaggio di un lettore che mi ha davvero lusingato. Un lettore che non sapevo di avere, perché è di quelli silenziosi che non lascia commenti, ma trattasi di un giornalista del TG2 che mi raccontava di aver spulciato tutto il mio blog per trovare l'inizio, il momento in cui ho preso la decisione, in cui ho fatto le valigie e chiuso la porta di casa andandomene dall'Italia; ma di non averlo trovato. Ebbene, quel post non esiste e il motivo per cui non l'ha trovato è perché quando mi sono traferita e quelle valigie le ho impacchettate Olivia's Tea Cup non era ancora nato. Al posto del blog avevo un diario, scritto a mano, molto old-school, ed è lì che racconto di quel passaggio, sicuramente sofferto, fatto di dubbi e di incertezze ma anche di eccitazione e di speranza, di incognite, di "chissà," di "farò bene?", di "vaffanculo tutti," di "sono matta," di amici che ti invidiano o che ti dicono "machitelofafare," di "avessi io la tua età"... (cito alla lettera il mio lettore). Rileggendo il mio diario di allora mi vengono le farfalle nello stomaco perché ricordo limpido e cristallino ogni istante, sembra ieri. Allora ho pensato di condividere quel momento qui, con voi, anche se all'inizio ero titubante perché è di quelle cose che scrivi di getto, pensando che mai nessuno le leggerà. Metterlo quà sul blog fa un pò l' effetto che farebbe girare nuda per strada, non so se mi spiego, o forse no. Comunque, quando ho scritto queste parole ero sul volo Roma- New York, solo andata. Erano quattro anni fa.

photo credits: www.phillipkalantziscope.com

Eccomi qui sull’aereo che è partito con un'ora di ritardo (grazie Alitalia) e sono già passate due ore.
Ho cenato a base di pasta, crescenza e spinaci, tortina alla ricotta e un gianduiotto. Ho divorato tutto in cinque minuti. E' un volo infernale, pieno di bambini urlanti che si fanno la cacca nel pannolone, non vedo l’ora di arrivare e respirare l’aria della mia futura città, a pieni polmoni.
Non ci credo ancora, ce l'ho fatta, è andata, sono partita. Con buona pace di mio padre che è sul piede di guerra, mi dispiace tanto dargli un dolore, ma è più forte di me, mi sento che devo andare. Mi sono stufata di sognare di fare le cose e intanto il tempo passa inesorabile. Ho 26 anni e una gran voglia di fare, di scoprire, di sperimentare, di imparare e se non parto adesso so già che non lo farò mai più. Sono laureata, ho passato l’esame di stato da Giornalista Professionista, sono conduttrice del TG ogni sera ed ho la co- conduzione in una trasmissione di politica in diretta. Sento il bisogno fare altro in questo momento, di dare una svolta alla mia vita. In fin dei conti me ne hanno data una soltanto di vita a disposizione e non ho intenzione di sprecarne nemmeno un istante. Voglio mettermi alla prova e vedere cosa riuscirò a fare a NYC da sola, senza conoscere nessuno. Sono pronta a lavorare sodo, a svegliarmi prima di tutti gli altri e ad andarmene a letto un'ora più tardi. Sono carica, voglio farcela, posso farcela, devo farcela. Sarà durissima lo so, me l'han già detto tutti quanti, ma sarà anche bellissimo, sarà sudato, sarà guadagnato. Oddio mio che emozione, non ci credo ancora, ho i grilli nella pancia e sono terrorizzata allo stesso tempo. E' uno dei momenti più belli della mia vita, per questo I'm writing them down, perché devono rimanere. Per sempre.

Sunday, March 11, 2012

La Dolce Vita

Oggi è una di quelle giornate dove non sono stata ferma un attimo, ma non ho lavorato nemmeno per un istante. Mi sono svegliata presto che con l'ora legale erano le 7, ho spalancato tutte le finestre e ho preparato il caffè. Mio papà quando ero adolescente aveva questo vizio insopportabile di piombarmi in camera prestissimo nel week-end, aprire le tende e TUTTE le finestre "per cambiare l'aria, c'è bisogno di aria fresca in casa". Lo odiavo. Mi ricordo che io e i miei fratelli eravamo disperati, non sapevamo come fare per difenderci da questo sopruso e io avevo promesso che mai in vita mia, mai-lo-giuro-mai, i miei figli avrebbero dovuto sopportare tale ingiustizia. Eppure, oggi lo faccio anche io.
E' assurdo come crescendo si prendano dai genitori tutti quei modi di fare che più detestavamo da piccoli.

Il mio amato press-pass con cui entro dappertutto senza spendere $1

Mi sono fatta un caffè alla nocciola e presa tutte le mie milleduecento vitamine, poi una corsetta a McCarren park con Ballerina. C'era questo sole bello caldo in cielo, gli alberelli di pesco in fiore, allora mi sono sdraiata sull'erba fresca appena tagliata e sono rimasta un pò lì ad abbrustolire al sole. E mi è venuto in mente questo negozio che c'è qui a Williamsburg che si chiama "I hate perfume" che è assurdo. Non ci ho mai comprato niente ma vende profumo di natura, di erba, di aria, di corteccia di legno, in boccetta, "Walking in the Air", "In the Summer Kitchen," "To See a Flower". Sono tornata a casa e mi sono fatta una doccia di un'ora e mezza, poi brunch (alle 5pm!) a "Sweet Water" su North 6, che ha il giardino interno ed ero in maglietta, e questo giapponese super-gay seduto al tavolo accanto al mio si è innamorato della mia borsa rossa e mi ha chiesto se era di Cartier, perché lui disegna per Cartier e aveva tutte le dita piene di anelli di diamanti. Poi sono andata- anzi, tornata- all'Armory Show. Non c'era un singolo quadro, una singola istallazione che avrei voluto portare a casa con me. Che depressione. Allora mi sono consolata allo Champagne Bar, che serviva solo calici di Pommery. E mentre sorseggiavo bollicine ho pensato a quanto è bello godersi la vita, a quanto è bella la primavera, a quanto sono fortunata a vivere a NYC, a quanto sono contenta di aver scelto di andare via dall'Italia (almeno per un pò), aver scelto di andare incontro all'ignoto, aver scelto di camminare sulle mie gambe. A quanto è bello essere free-lance in giornate come queste, anche se freelance è un soltanto un modo "it" per dire che sei precario. E soprattutto a quanto amo questa città, quante cose voglio fare qui, quante ne ho già fatte e quante ne sto facendo. Io sono una di quelle che se il giorno non ho fatto abbastanza me lo rimprovero e poi dormo male la notte. Francamente però, anche se oggi non ho fatto niente, non mi sento in colpa nemmeno un pochettino.

Wednesday, February 8, 2012

Lean In & Dream BIG

"Lean in" è diventata la mia nuova parola preferita. Mi piace il suono che fa, la grinta che racchiude, il potere che sprigiona. Mi piace perché è una parola che non viene usata quasi mai e che rende bene l'idea di ciò che significa: "Lean In" - chinarsi spingendo, premendo, insistendo."
Con buona probabilità mi piace anche di più perché a ripeterla spesso è Sheryl Sandberg, COO di Facebook, una donna che è per me fonte di ispirazione continua. Giugno scorso, davanti a 2.400 giovani neo-laureate della Barnard College (aka Columbia University) ha fatto un discorso che non solo ha la capacità di caricarmi come una molla quando mi sento con le pile scariche, ma che mi fa riflettere ogni singola volta che lo ascolto. E si, lo ascolto molto spesso, soprattutto ultimamente. La domanda che fa è questa: "Che cosa faresti, se non avessi paura? 
Non lasciare mai che sia la paura a sopraffare i tuoi desideri. Lascia che ad ostacolare il tuo cammino siano barriere esterne, non barriere interne. E ne capiteranno tante di barriere ad ostacolarti. La fortuna aiuta gli audaci e ti prometto, ti assicuro, che non saprai mai cosa sei capace di fare finché non ti metterai a farlo. Chediti: che cosa farei se non avessi paura? Dopodiché, corri a farlo".


Come mai è così spesso la paura ad impedirci di fare ciò che vogliamo? Ad impedirci di realizzare i nostri sogni? A metterci i bastoni tra le ruote? Perché diamo alla paura questo enorme potere su di noi? Paura di fallire. Paura di non farcela. Paura di non essere all'altezza. Paura di essere respinti. Paura di non essere abbastanza bravi, abbastanza preparati, abbastanza intelligenti, abbastanza belli, abbastanza forti, abbastanza ricchi, abbastanza sicuri di sé. La proviamo tutti quanti, nessuno escluso. Solamente gli stupidi non hanno paura, o i pazzi (ma quello è un altro discorso). Io ieri sono riuscita a vincere la mia paura, ce l'ho fatta. E credimi quando ti dico che avevo una paura che me la facevo sotto. Mi tremavano le mani, la voce e mi faceva male la testa. Avevo la nausea e mi faceva un gran caldo e poi subito dopo freddo, e volevo andare a casa a rannicchiarmi sotto le coperte, abbracciando il cuscino, come facevo da piccola. Ma non ho più 7 anni, ahimè non li ho più. Quindi mi sono fatta coraggio, ho fatto un respirone (forse anche 3 o 4) e sono andata a sconfiggere la mia paura, a testa alta. E posso dirti una cosa? E' stato molto più facile di quello che pensavo. In confronto agli immaginari apocalittici che avevo presagito, è stato più o meno come fare una passeggiata. Thank you Sheryl Sandberg! Per vedere il suo speech, clicca QUI

Friday, February 3, 2012

New York Moments

Io amo New York, la amo davvero, la amo e le sarò fedele per sempre. E sono così abitutata a vivere qui, che ormai non faccio neanche più caso a tutti quei piccoli/grandi sacrifici che ci si trova a fare quando si abita in questa città. Sacrifici che io chiamo "New York Moments".
Hai presente quella sensazione, la mattina appena svegli, quando ti infili in doccia e hai il sapone dappertutto e lo shampoo nei capelli e va via l'acqua calda? Mi riferisco esattamente a questo genere di scherzetti qui. L'ultimo in ordine di data: ore 7.30pm, Houston street, giornata lunghissima, a casa il frigo è deserto. Mi fermo a fare la spesa da Whole Foods, il mio supermercato preferito. Compro di tutto: verdure, carne, pesce e anche un cheese-cake e faccio provvista di vitamine- c'è il Buy One get One Free. Prendo inoltre, già che ci sono, un mazzo di roselline bianche piccine picciò che non hanno quasi mai. Esco stra-carica di sacchetti extra-large stracolmi di spesa. Sacchetti di CARTA reciclata. Con mia grande sorpresa, somewhere tra il banco degli ortaggi e quello delle spezie, è venuto giù il diluvio universale. Non ho l'ombrello. Non c'è un taxi a pagarlo oro. La metropolitana è a 10 blocchi. Mi incammino, vacillando sui tacchi, direzione est, abbracciando le mie gigantesche buste di carta nella speranza di trovare, lungo il cammino, un taxi libero- la speranza, come è noto, è sempre ultima a morire. Naturalmente non trovo un taxi nemmeno per sogno e inevitabilmente, piove che ti ri-piove le buste mi si sciolgono tra le mani....Nel giro di dieci minuti la mia spesa, nonché la mia cena finisce sull'asfalto, esattamente sulle strisce pedonali di Allen street. Cosa accade a quel punto?
Comincia a piovere ancora più forte, eccertamente.


Mi viene voglia di piangere, ma sono troppo arrabbiata per piangere, quindi decido di salvare quel che resta della mia ex- spesa infilando tutto ciò che riesco ad afferrare in borsa: flaconcini di Omega 3, vasetti di yogurt, biscotti - NESSUNO dico UNO che si sia fermato a darmi una mano. Mentre sono in ginocchio a raccogliere mandarini all'incrocio ecco che si scatena il finimondo, vengo letteralmente assalita, senza pietà alcuna, da un'orda di clacson strombazzanti perché sto bloccando il traffico. A questo punto ho i capelli, i jeans e anche il cappotto completamente fradici. Con estrema lentezza e incurante degli insulti mi alzo, mi lego i capelli e mollo tutto dov'è. Libera da pacchi e sacchetti raggiungo la metropolitana, scendo a Marcy avenue, cammino altri dieci blocchi sotto la pioggia scrosciante e finalmente arrivo a casa. Mi chiudo la porta alle spalle e tiro un sospiro di sollievo...l'incubo è finito. Mi asciugo, mi infilo un golfone extra large, mi preparo una tisana bollente, quindi mi affaccio alla finestra. Non riesco a credere ai miei occhi. Esco sulla terrazza, allungo una mano verso l'alto. Non è possibile. Sei una maledetta. Ha appena smesso di piovere. Butto via la tisana e mi stappo una bottiglia di vino, che grazie al cielo ho in casa.

Thursday, January 19, 2012

Make Mistakes

Caro 2012, sei appena iniziato e già mi sento che saremo grandi amici. In appena due settimane che ti conosco mi hai rivoluzionato la vita, il cervello, le aspettative e anche il cuore e stamattina mi sono svegliata e tutto mi sembra più facile, i miei problemi delle sciocchezze, le mie paure delle sfide che non vedo l'ora di affrontare e mi sento carica, carica come una bomba ad orologeria. Da quando sono tornata nella mia adorata New York, appena quattro giorni fa, ho letteralmente smontato casa. Ho buttato via tutto quello che non volevo più ed ho ricomprato tutto nuovo. Roba che avevo nei cassetti e che tenevo con l'idea: magari un giorno mi servirà, oppure: un giorno me lo metterò. Ecco, tutto volato dalla finestra. Ho sgombrato scaffali, svuotato armadi, spostato mobili, appeso tende, riorganizzato cassetti e tutto mi sembra nuovo e bello. Mi sembra nuovo come me. Quest'anno farò tutto ciò che mi va, quando mi va, se mi va e se invece non mi andrà non farò un bel niente. Ho voglia di fare tutto quello che ho sempre voluto fare ma che non ho mai avuto il coraggio di fare, per paura o per codardia, perché "non sta bene" o perché "non si fa." La mia cara, vecchia e noiosa Firenze mi ha fatto questo effetto, questa volta. Sarà che ci ho passato un mese intero quando il biglietto di ritorno era dopo una settimana, sarà che ho passato molto tempo con le persone che amo e ho voluto vedere solamente loro. Sarà che è stato un momento di introspezione ed ho capito tante cose, sarà che ho compiuto un anno in più e quindi sono diventata più saggia. Sarà che ho messo in discussione tutto quanto e sono arrivata alla conclusione che la vita è un gioco, che quello che era giusto ieri molto probabilmente non avrà alcun senso domani, che le cose cambiano, le persone cambiano, che tutto è in movimento, che ci sono imprevisti dietro ogni angolo, che prima di amare qualcun altro bisogna amare se stessi, che ci si può innamorare in qualunque momento: di un'idea, di un sorriso e nel mio caso di tutto ciò che è difficile e complicato. Ho capito che niente dura per sempre, che ogni lasciata è persa e che è bello avere paura ma trovare comunque il coraggio per affrontarla la paura, perché solo così si riuscirà a sconfiggerla. Ho capito che da ogni errore si impara qualcosa ed è bene farne tanti di errori, moltissimi, più che si può. E poi imparare da quegli errori per non rifarli più, ma farne altri. 


Un pomeriggio a Firenze passeggiavo per via Roma, dopo un lunch sulla terrazza di "Luisaviaroma" col mio amico Andrea. Ero contenta perché mi fa sempre piacere vedere Andrea anche se non ci vediamo spesso, perché è uno di quegli amici con cui ti dici tutto, anche cose che non dici a nessuno, cose belle, cose brutte, sofferenze e che poi, puoi anche non rivederti per un anno intero, ma quando ti rivedi riparti a chiacchierare da dove ti eri lasciato. In più con lui non ho bisogno di atteggiarmi o fare la figa perché mi conosce da quando sei nata e poi a me fare la figa fa sempre una gran fatica. Insomma, quel giorno era pieno di fashion blogger da Luisaviaroma perché c'era il Pitti Uomo e avevano organizzato un evento coi fashion blogger e c'erano alcuni soggetti che sfoggiavano dei look da far accarponare la pelle. Io ero contenta perché mi ero appena comprata un paio di jeans che mi stavano benissimo e mi facevano sembrare più alta, più magra ed anche più intelligente (mai sottovalutare il potere di un paio di JBrand ). Dopo mangiato, uscendo, mi imbatto in una donna bellissima che se ne stava seduta immobile sul ciglio del marciapiede. Aveva il viso, le mani e i capelli dipinti di bianco e la bocca rosso porpora con le labbra piene come piacciono a me. Teneva tra le mani uno scrigno pieno di foglietti piccoli e rettangolari, arrotolati con del nastro di seta. Mi ha sorriso, ha allungato la mano e me ne ha dato uno. C'era scritto: "La vita è troppo breve per vivere di rimpianti". Quando sono tornata a casa ho guardato la definizione di rimpianto sullo Zingarelli perché per qualche motivo lo confondo sempre col rimorso. "Ricordo dolente o nostalgico di qualcuno o qualcosa che si è perduto e di cui si sente ancora il desiderio." Ecco, io questo spero che non mi accada mai.

Thursday, December 1, 2011

Christmas is coming in New York

Il Natale è già arrivato a New York City, ad ogni angolo di strada ci sono abeti in vendita, arrotolati in quella rete che li fa stare composti ed ordinati, uno accanto all'altro. A New York City è arrivato il Natale e lo capisci subito passeggiando per strada perché ogni negozio è addobbato di bianco, oro e argento, l'aria è fredda e immobile e profuma di pino, mandarini e chiodi di garofano. Natale è un momento incantato a New York, si respira nell'aria, i fiocchi rossi e le ghirlande fanno comparsa sulle porte dei vicini, le vetrine lucide e scintillanti. Ieri sera a Rockefeller Center hanno illuminato il gigantesco albero accanto alla pista da pattinaggio, che ha preso vita tra mille luci colorate. Noi lo abbiamo guardato in diretta in televisione mentre Ballerina sonnicchiava sul divano e io preparavo una crostata di mele e cannella. Mi piace il Natale a New York City, mi piace quando il freddo per strada ti colora di rosso le guance mentre cammini controvento, imbacuccato nel cappotto e la sciarpona di lana col cappello ben calato sulle orecchie e ti viene voglia della cioccolata calda di Jacques Torres e del fuocherello caldo nel caminetto. E' il primo Natale da quando abito a New York che non nevica, nemmeno un fiocco è caduto sui tetti e anzi oggi il cielo è limpido come sa essere limpido solo d'agosto. Fa un gran freddo pero'. A Williamsburg il primo segno che il Natale è arrivato sono i bambini del kindergarten su S3rd street e Wythe che arrivano al parchetto sotto casa mia canticchiando i Christmas carrols. Camminano in fila indiana da scuola, dietro la maestra, tenendosi per mano come soldatini, nell'altra manina stretto-stretto un candy cane mentre canterellano a bocca piena:

Jingle Bells, Jingle Bells
Jingle all the way...


Natale è arrivato a Williamsburg quando l'uomo delle caldarroste si apposta all'angolo di Berry Street, proprio dietro casa mia. Si chiama Mr. McBurtnett ed ha la pelle del colore del caffè buono con tanto latte dentro. Prende una ad una le castagne da cuocere e le incide col suo coltello smussato, disegnando sul guscio piccole croci prima di buttarle sulla brace e coprirle col coperchio. Mi ricordo che qualche anno fa quando abitavamo nel Lower East Side, su Orchard street e Broome, non funzionava il riscaldamento in casa per le feste. Era una delle prima volte che passavo il Natale lontana dalla mia famiglia e avevamo fatto provvista di cibarie da Di Palo's perché Eataly non esisteva ancora. Tortellini, formaggi, vino rosso, dolci, mi ricordo che avevo comprato le verdure e il pollo intenzionata a farci il brodo. Il nostro era uno di quei palazzi vecchi vecchi e il riscaldamento era ancora a gasolio. Il landlord però si era dimenticato di fare scorta di gasolio e quell'anno nevicava, eccome se nevicava, ma nessuno ci voleva portare il gasolio durante le feste. Mi sembra ieri che parlavamo infreddoliti, cercando di ridere sulla comicità della situazione e ci usciva il fumo dalla bocca che saliva su in alto per i 15 piedi di soffitto disegnando piccoli vortici nell'aria. Mi ricordo che stavo a letto col piumino sotto alle coperte e mi tenevo Ballerina sui piedi, tipo stufetta calda. E' stato un Natale che non mi dimenticherò mai, perché non avevo mai avuto freddo in quel modo prima di allora e alla fine eravamo talmente congelati che siamo scappati in albergo- uno dei pochi che aveva una camera libera e accettava quattro zampe. Quando finalmente il riscaldamento riprese a funzionare Natale era passato, le verdure erano tutte ammuffite nel frigorifero e i tortellini secchi, così il brodo decisi che lo avrei fatto l'anno dopo. Quest'anno invece, il Natale lo passerò con la mia famiglia a Firenze, in Italia, a casa mia. Non ci saranno problemi di riscaldamento e non dovrò preoccuparmi di preparare da mangiare; soprattutto so che non mancheranno tanti regali sotto l'albero. Sarà uno dei tradizionali giorni di Natale a casa Poli, con la tavola imbandita e la tovaglia rossa e oro, i calici d'argento, il tacchino ripieno e i piatti di bone china (come piacciono a mia mamma). Qualcosa mi dice che questo Natale me lo godrò molto più di ogni altro. Qualcosa mi dice che il brodo avrà un sapore delizioso e il tacchino sarà buono come mai ne ho assaggiati prima. Qualcosa mi dice che guarderò le belle cose che mi circondano con occhi diversi, che farò lunghi sonni nel lettino da bambina, nella mia cameretta al secondo piano. Quest'anno so che vivrò il Natale con uno spirito diverso perché ho imparato a guardare le cose con occhi diversi, perché IO sono diversa. Più saggia, più sicura di me, più forte e più grata. Perché oggi non sono più una bambina ma una donna, che sta per compiere trent'anni (!)