Monday, November 29, 2010

Non sempre ti amo, New York

New York City can be tough sometimes, and she might try to bring you down. She’s going to try many times. With the endless lines, the outrageous prices, the constant sirens and honking horns, the shops, restaurants, offices that are open 24 hours a day, the cab drivers always chatting on the phone and suddenly off duty or busy whenever it’s raining, snowing or hailing. And then the lights, those lights that are always on, and sometimes you just wish you had a switch to turn off the whole city for a minute or two. People walking fast while eating, typing on their Blackberries, sipping lattes from their Starbucks cups. People running, because you've got to run here not to be left behind. And it happens, because it will happen, that you feel cold and helpless, left out and abandoned. And then, there's one thing that NYC does to perfection: she makes you feel that you don’t make enough money. Even though you work like a dog to afford living in this place, the money will never be enough. Still, there are days where you wouldn’t want to be anywhere else on the planet. Those are the days when the rest of the U.S. turns Tea Party-red, while NYC stays Blue, the evenings when you need a last-minute wax at 3am, the days when Andrew Cuomo wins against Carl Paladino. Those October afternoons in Central Park when leaves turn autumn red, or the mornings in January when your front door is blocked by an immaculate wall of white snow. The hours you spend writing at a table of the “Pick Me Up" cafè  inspired by the people walking down the street. It's the day you realize that Sex & the City is so much nonsense and you open up your eyes and see the wonders that take place here. People still read books! And when someone bumps into you on the street, they smile at you, and then say sorry. Everything is always on time, splitting the second. When your meet someone’s eyes strolling down the street they wish you a good day! I love New York for many reasons: for the burgers at PJ Clarke's, for the deliveries 24/7, for the chess matches at Bryant Park and the exhibitions at the ICP. Because here almost everyone is gay, because with one train stop from Brooklyn I’m in Manhattan, because I can buy tacos in the middle of the night at the deli downstairs. Not long ago someone told me that after two years living in the City you become a New Yorker. I think I can call this town my own.




New York City può essere un osso duro a volte. E spesso ci prova, a schiacciarti sotto al suo peso mastodontico. Con quelle code infinite, il costo spropositato che ha QUALSIASI cosa, le sirene, i clacson, i negozi e gli uffici aperti 24 ore su 24. I tassisti che chiacchierano al telefono in ostrogoto e quando piove, nevica o grandina sono tutti stra-pieni, e poi le luci, che sono sempre accese e a volte vorresti solo avere un interruttore sotto mano per spegnere un istante tutta la città. La gente che cammina velocissimo e contemporaneamente mangia, scrive sul Blackberry, in mano i bicchieroni di Starbucks. La gente che qui corre, perchè bisogna correre per non rimanere indietro. E capita- perchè capita- di sentirsi soli e infreddoliti, indifesi e abbandonati. E poi c'è una cosa che NYC riesce a fare a regola d'arte: farti sentire che non hai abbastanza soldi. Anche se lavori come un somaro per permettertela, questa benedetta New York City. I soldi non bastano MAI.
Ci sono dei giorni però, in cui allo stesso modo non vorresti essere in nessun altro posto del pianeta. Sono i giorni in cui il resto degli Stati Uniti si tinge di rosso e di Tea Party, mentre qui rimane tutto Blu. Sono le serate in cui necessiti una ceretta last- minute alle 3 del mattino, i giorni in cui Andrew Cuomo vince contro Carl Paladino. I pomeriggi di Ottobre in cui le foglie di Central Park si colorano d'autunno, o le mattine di Gennaio in cui il portone di casa è bloccato da una muraglia di neve immacolata. Sono le giornate che trascorri tranquillo a un tavolino del Pick-me up, intento a scrivere per ore- ispirato dalla gente che cammina per strada. E' il giorno in cui capisci che Sex & the City è solo un mucchio di stronzate. Quindi, spalanchi gli occhi e vedi le meraviglie che accadono in questa città, come il fatto che qui la gente legge ancora libri: in metropolitana, durante il viaggio, nella sala d'attesa del dottore. E quando qualcuno ti urta per strada ti viene chiesto scusa. Tutto è sempre in orario, spacca il secondo. E se per strada incroci lo sguardo di due occhi che non conosci ti viene augurato un good day! Io amo New York per mille motivi: per i burgers di PJClarke's, per i delivery 24/7, per gli scacchi a Bryant Park, per le mostre all'ICP. Perchè son quasi tutti gay, perchè con uno stop da Brooklyn sono a Manhattan, perchè posso comprare sapone per piatti alle 4am al deli sotto casa. Poco tempo fa qualcuno mi ha detto che dopo due anni che vivi nella City diventi un newyorker. Bè, credo che ormai questa sia davvero la mia città.

6 comments:

Unknown said...

Secsendesiti

Mi sembra di vederti lì, accartocciata su una sedia di ferro battuto, proprio lì, seduta nel tuo cafè preferito, a battere i tasti di quel laptop con la melina luminosa. Maglione di lana oversize a collo alto, spuntano solo le manine e quel meraviglioso testone biondo e arruffato che non smette mai di guardarsi intorno.
Ti chiedi distrattamente perchè nel tuo pacchetto da 25 di marlboro ci sono sempre meno sigarette di quanto pensi e, mentre le dita ticchettano sui tasti, con uno sbuffetto tiri via la ciocca di capelli che hai davanti agli occhi. Fa freddo a New York City, in città l'inverno si fa sentire. Anche le foglie hanno smesso di cadere, è come se gli alberi aspettino ormai solamente la neve. Si fa sentire l'inverno a New York, ma gli sbuffi delle grate della metro forse non esistono solo nei film. Cazzo, la metro, ma possibile che non riesci mai a comprarti l'abbonamento? A cosa pensi quando aggiri i tornelli per prendere il treno al volo? Ma lo hai mai incontrato il fantasma del vecchio amico di Ghost? Quello che insegnava a Patrik Swhazie come si sopravvive a New York City?
E due businessmen in abito scuro dal paletot sempre troppo ingombrante che si baciano sul marciapiede in pieno giorno? Certo che li hai incontrati.
Oh! Ma non lo guardi mai l'orologio? Non vedi che sei in ritardo per la cena con Matteo? Strada facendo ricordati di passare in lavanderia a ritirare il cappottino di Burberry per Ballerina...uff...ma l'agenda del Blackberry l'hanno fatta per bellezza' Che testolina che hai! Ma cosa avrai mai tanto da scrivere? Non è mica la tua città?! Uhm, ok, forse hai ragione tu..ti chiamo un taxy, basta che smetti di guardarmi con quegli occhi da newyorker.

Ti voglio bene
Luca

chiara said...

Non sono mai stata a NY, ma attraverso i tuoi occhi e le tue senzazioni per un momento...ho sentito di esserci...di vivere davvero quella città...che si ama e si odia come fosse un essere umano!!!

MarcoG said...

Citi il Bryant Park, dearest O... Ebbene, proprio lì ho compreso per la prima volta un aspetto fondamentale della mia (breve) esperienza newyorkese: il senso di sicurezza che mi avvolge in questa città non è dato dal numero di poliziotti chiamati a presidiare l'ordine, ma una rinnovata e diffusa attenzione alla sacralità dell'habeas corpus. Per chi non avesse dimestichezza col latino, significa semplicemente che - qualunque cosa accada, in qualunque momento - hai la garanzia che nessuno ti metterà le mani addosso. Ero a Bryant Park, dicevo, dove consumavo il brunch domenicale guardando quella curiosa statua di una vecchina accanto a un lato della piazza. Arriva un tizio con qualche rotella evidentemente fuori posto, la lunga barba incolta e vestiti laceri. Urla, si agita, se la prende col mondo, impreca in sette lingue contemporaneamente. La gente lo ignora, ma lui continua. E' furioso, ma non tocca o ferma nessuno: anche lui, nella sua (lucida?) follia, sa che il confine dell'altrui corpo non può essere violato. In Italia sarei stato in guardia: avrei messo in conto che la sua imprevedibilità avrebbe potuto portarlo a varcare quella soglia. A New York no. Come dici tu, lì quando la gente ti urta ti guarda e si scusa.

Unknown said...

Grande Olivia, veniamo dalla stessa citta' e siamo nella stessa citta'. A quanto pare per simili motivi, a parte il fatto che io corr0 e mangio allo stesso tempo, scrivendo sul BB e con in mano un amatissimo bicchierone di Starbucks. Tutto il tempo.
Un abbraccio,
Silvia Bernardi

Olivia Ferragamo said...

Ben detto! Non credo che nessuno sia mai riuscito a definirla cosi bene!!
Love you O

edo said...

ciao Olivia,
volevo ringraziarti per queste parole che hai scritto su NYC.
Ho vissuto in quella città fantastica tra il 2004 e il 2006 e, se tutto va bene, dovrei riuscire a tornare a partire dall'inizio del nuovo anno.
Si scrive tanto e tanti scrivono su NYC ma raramente ho letto una descrizione così efficace, in così poche parole, con una padronanza delle dinamiche e dei significati profondi di quel mondo fattosi città che è New York!
Brava, bravissima!
Edo